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domenica 27 novembre 2011

La verità ti fa male lo so/1

Credo di provare non più di quattro sentimenti: invidia, gelosia, accidia ed ansia (sempre che siano sentimenti). Ma, a dirla tutta, volevo solo dire che bisogna stare attenti ai giapponesi: un popolo che mette l'effetto pixel sopra peni e vagine è un popolo che non la racconta giusta.

mercoledì 16 novembre 2011

Black Mamba!

Porcoggggiuda è uscito il disco dei distanti.
Un'ep lungo quasi quanto lo scorso lp (cinque canzoni, quindici minuti). In parte sembrano un'altra band. La voce (che qui raggiunge nuove vette, altissime, che comunque negli altri dischi s'intuiva essere tanta roba) è registrata e missata meglio di Enciclopedia...
(del primo demo non stiamo neanche a parlarne).
Solo è un peccato che non ci sia uno scritto d'introduzione (come invece per i due precedenti lavori). Tanto non si capisce 'na mazza direte... Mah, vabbè, io una mia idea me la faccio.
Cazzo è un discone. Porca pupazza.

ps:poi un giorno un bel postone su tutta la discografia lo si fa

domenica 13 novembre 2011

Di nuovo


UNA SEPARAZIONE (****-)
Un film di Ashgar Farhadi. Con Sareh Bayat, Sarina Farhadi, Peyman Moadi, Babak Karimi. Drammatico, durata 123 min. Iran 2011.

Una fotocopiatrice scansiona dei documenti d'identità mentre scorrono i titoli di testa. Così si apre Una separazione, film iraniano Orso d'oro a Berlino, ed è quasi una dichiarazione d'intenti: mostrare l'essere umano. Asghar Farhadi dribbla abilmente le censure del regime iraniano mettendo in scena un dramma famigliare che oscilla fra tinte thriller ed elementi tipicamente da commedia, dove l'oppressione del regime non è additata, ma fa semplicemente da sfondo alla vicenda: Nader e Simin, una coppia borghese con una figlia, s'apprestano al divorzio; la moglie se ne va di casa lasciando il marito da solo a gestire la figlia e il padre anziano, malato di Alzheimer; ad aiutarlo è una badante, povera e fortemente religiosa, che, venendo meno alle sue mansioni, scatenerà una violenta reazione da parte di Nader. La badante lo accuserà poi di aver causato l'aborto del figlio che portava in grembo.
E' questo l'evento drammatico che causa l'inasprirsi della vicenda riportando l'azione là dov'era iniziata: in un'aula di tribunale.
La molteplicità dei punti di vista e l'avvenimento fuori campo degli eventi fondamentali mettono fuorigioco lo spettatore: nessun personaggio ha l'autorità per farsi portatore di verità, siamo costretti a non prendere una posizione: siamo giudici incapaci di deliberare, non c'è verità, non c'è corano né legge.
Il film, è chiaro, non è solo questo, infatti, nel mezzo, si consumano altri drammi, dalla malattia del padre ai problemi economici della badante, ma su tutti è quello della giovane figlia, chiamata a decidere fra un padre che la carica delle responsabilità che non è in grado di assumersi e una madre assente in una sorta di Kramer contro Kramer iraniano.
Ne consegue una messa in scena fatta di nervosa camera a mano con primi piani stretti, quasi soffocanti; è poi un affastellarsi di decadrage fra porte, scale, finestre e vetri sporchi: distanze fra i personaggi, ma anche anime frammentate, ferite, imprigionate.
Una pluralità di temi quella toccata da Farhadi che rendeva il film terreno pericoloso, ma il regista iraniano non si confonde, non si perde inseguendo vani manifesti femministi (per quanto i personaggi femminili restino, nel complesso, positivi rispetto alle loro controparti maschili) o sacrificandosi in un pamphlet politico. Certo vi si può leggere l'allegoria politica e l'antipatia per le istituzioni (la giustizia, il corano, ma anche la famiglia, finendo per accomunare il film ad una lontana pellicola di Bellocchio, I pugni in tasca), ma sarebbe sciocco liquidare Una separazione come un film sull'Iran e il suo regime, è molto di più: è un film sul rapporto tra verità e realtà, è un film sull'essere umano. Si, un film su di noi.

IO SONO LI (***--)
Di Anrea Segre. Con Zhao Tao, Rade Sherbedgia, Marco Paolini, Roberto Citran, Giuseppe Battiston. Drammatico, durata 100min. Italia, Francia 2011.

Shun Li è un'emigrata cinese mandata a lavorare in un bar a Chioggia per conto dei suoi creditori. Nell'attesa di veder arrivare in Italia suo figlio, Li conosce Bepi, anziano pescatore croato. Fra i due nasce subito un'amicizia (o forse qualcosa di più) mal vista in paese e dai datori di lavoro di Li. E' un melodramma quasi fassbinderiano per trama (siamo dalle parti de La paura mangia l'anima), un mezzo documentario per messa in scena: Segre, coadiuvato da un'eccellente cast formato da attori professionisti (Rade Sherbedgia, Marco Paolini, Giuseppe Battiston) e non, realizza un ottimo esordio, mutuando appunto dalla pregressa esperienza documentarista un'attenzione al paesaggio e ai volti non indifferente, dirigendo con piglio sicuro un film pienamente riuscito e attuale. Aria fresca dalle nostre parti.



Legenda
(-----) : schifezza immonda
(*----): inutile
(**---): si può vedere
(***--): da vedere
(****-): assolutamente da vedere
(*****): capolavoro

giovedì 10 novembre 2011

Ancora, e ancora, e ancora...

La Zona (***--)
Di Rodrigo Plà (Messico, 2007)
La "zona" è un quartiere residenziale per benestanti di Città del Messico, separato dalle vicine favelas da un muro che, assieme a guardie private e numerose telecamere, protegge i suoi abitanti dall'esterno. La breccia nel muro che dà avvio alla storia è allegorica: i ricchi e i poveri, guardie e ladri, padri e figli, integrità e corruzione, ma non buoni e cattivi: solo ferite. Infine la violenza. Che squarcia l'animo dello spettatore così come il bianco (desaturazione a gogò) squarcia lo schermo. Nel mezzo l'innocenza del sedicenne Alejandro, ragazzo privilegiato, che si scontra e s'incontra con il suo doppio, Miguel, povero e criminale. Per Plà nessuno è libero: i poveri sono costretti a rubare mentre i ricchi si chiudono letteralmente in una prigione. Il confronto, possibile, viene negato dall'ingiustizia (sociale, economica, giuridica: totale). Uno dei film politici migliori degli ultimi anni con una scena, quella del linciaggio, assolutamente indimenticabile.


Legenda
(-----) : schifezza immonda
(*----): inutile
(**---): si può vedere
(***--): da vedere
(****-): assolutamente da vedere
(*****): capolavoro

venerdì 4 novembre 2011

La peggiore recensione della mia vita

La peggior settimana della mia vita (*----)
Di Alessandro Genovesi (ITA 2011)

Il primo film di Alessandro Genovesi, già sceneggiatore per Salvatores (Happy family, 2010), è tratto dalla sit-com britannica The Worst Week of My Life, da cui prende anche il titolo . Se nel lavoro precedente vi si poteva riscontrare un citazionismo, anche a livello registico, fin troppo ostentato verso un immaginario tipicamente à la Wes Anderson con evidenti rimandi a I Tenembaum, questa volta incorriamo in qualcosa di sospeso tra il remake e il plagio di Ti presento i miei. Infatti il film parla di Paolo, quarantenne imbranato e bugiardo cronico, e del suo matrimonio incombente con Margherita, la cui famiglia gli è ostile. Il film si sviluppa lungo lo schema tipico della commedia romantica, tra i classici tira e molla e il tutto che sembra inevitabilmente precipitare in vista del finale. Non mancano nemmeno le caratteristiche più moderne di diretta derivazione hollywoodiana come la presenza del combina-guai/cattivo-consigliere, amico di lui, impersonato stavolta dal napoletanissimo Siani che, dopo Benvenuti al Sud, si riconferma affidabilissimo detonatore di comicità, ma sia ben chiaro: Troisi era di un altro livello, semmai siamo dalle parti del nuovo Lello Arena. Allo stesso modo non siamo dalle parti della commedia all'italiana, genere a sé stante capace, tra una risata e qualche lacrimuccia, di riflettere sul contemporaneo. Questo a Genovesi e a De Luigi (qui anche nella veste di sceneggiatore) non interessa, si punta dritto alla risata e il bersaglio in buona parte si centra: qualche buona gag alternata ad altre, scontate o del tutto scotte, che si salvano solo grazie all'abilità del cast maschile, del quale segnaliamo anche Antonio Catania, nei panni del futuro suocero stile De Niro. Viceversa, quando non è il cattivo gusto a farlo, è parte del cast femminile a impedire che la comicità esploda: sottotono Monica Guerritore, madre di Margherita, ancor peggio la tanto pettoruta quanto incapace Chiara Fancini, svitata ammiratrice di Paolo mentre la Capotondi, (non) protagonista femminile nei panni appunto di Margherita, si limita al compitino richiestole
La commedia, è bene ripeterlo, funziona: si ride, anche di gusto, e non ci sarebbe in fondo di che lamentarsi, specie guardando al derelitto panorama del cinema nostrano. Il problema nasce raffrontandola col precedente lavoro: un anno fa si poteva vedere in Genovesi un'ancora di salvezza per la commedia italica: elementi originali e piuttosto innovativi per le acque ferme del nostro cinema, una capacità di gestire più registri con disinvoltura, una discreta riuscita sia nell'affrontare con leggerezza temi delicati, sia nel porre uno sguardo affatto superficiale sul contemporaneo senza scadere in banalità o scontate affermazioni partigiane: tutto ciò lo poneva ben al di sopra di Brizzi e di altri registi e sceneggiatori che negli ultima anni hanno avuto a che fare con la commedia qui in Italia. Oggi assistiamo ad un appiattimento inaspettato e deludente, fin troppo vicino alle gag televisive di De Luigi. Si tratta dunque di un film che può dirsi, nel suo piccolo, compiuto, ma che rappresenta, si spera, un passo falso nella carriera di un giovane autore che può e deve dare di più al nostro cinema.


Legenda
(-----) : schifezza immonda
(*----): inutile
(**---): si può vedere
(***--): da vedere
(****-): assolutamente da vedere
(*****): capolavoro