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sabato 4 febbraio 2012

Letture

Chi vuole guardare al mondo solo con razionalità, prima o poi sarà vittima dell'irrazionalità - più rapidamente e più vistosamente di quello che desidera soprattutto vivere liberamente. La ragione non è padrona e creatrice della libertà, ma vi prende solo parte. La libertà è determinante; la ragione ne è solo uno strumento e non l'origine. Tutto ciò che è razionale o irrazionale lo è entro certi limiti; la libertà invece, che è il solo attributo divino dell'uomo, trascende ciò che è razionale e irrazionale, Mi rende libero solo quello che trascende da me . trovo me stesso là dove allo stesso tempo mi perdo.
Questo stato della libertà può avere molti nomi. In nessun caso però possiamo chiamarlo razionale. Quando Hegel accomunò Dio e lo spirito assoluto e li subordinò alla razionalità, in fondo voltò le spalle alla libertà. La libertà razionale non è libertà. Ciò che è razionale è sempre limitato, mentre la libertà è illimitata.
Nel nome di Dio, ma senza lo spirito divino: è la caratteristica dell'idea di storia che alla metà del Settecento sostituisce la storiografia redatta in base alla storia cristiana della salvezza. L'interpretazione hegeliana della storia subordina tutto ciò che è "divino" a qualcosa che è controllato dall'uomo. In fin dei conti, senza annunciarlo, sottopone tutto alla sfera d'influenza della politica - lo conferma anche il fatto che cerca una spiegazione per tutto. Anche per quello per cui evidentemente non c'è una spiegazione. Obbedendo al processo di secolarizzazione dell'età moderna non cerca l'infinito divino nascosto dietro la politica, ma al contrario: in ogni occasione possibile tenta di interpretare l'infinito divino (ovvero tutto quello che è non conoscibile dalla mente umana) secondo punti di vista politici. Per esempio, parlando delle tribù germaniche, fa notare: vivevano in comunità, ma queste non costituivano uno status politico, quindi "vivevano ancora fuori dell'ambito della storia del mondo..."1
A partire dalla seconda metà del Settecento e in misura mai vista prima, tutte le questioni culturali e teologiche avevano preso dunque una dimensione sempre più politica, a discapito della libertà. Più precisamente (poiché ciò che è illimitato non può essere trascurato), l'attenzione si era spostata dalla libertà. La fede riposta nell'esclusività delle soluzioni politiche naturalmente ha il suo aspetto latente religioso, teologico (come scriveva Donoso Cortes alla metà dell'Ottocento: al fondo di ogni question politica si nascondono sempre questioni teologiche). Poiché però le questioni teologiche (dunque quelle relative alla libertà divina) venivano trascurate a favore della questione dell'incanalamento e della controllabilità, la fede nella trascendenza diventava sempre più debole.
E' pure vero che nella filosofia della storia di Hegel - come in tutta la cultura occidentale contemporanea  - la parola "Dio" è almeno tanto ricorrente che "razionalità". Il concetto di Dio è però il sipario, dietro il quale vengono ammucchiate cose che non possono essere affatto definite divine. La caratteristica principale della politica, come si può dedurre dalla filosofia della storia di Hegel, è quella di essere fatta da uomini, con le proprie forza e seconda una presunta razionalità (che gli avversari politici - in base alla loro razionalità - naturalmente giudicano irrazionale) - al prezzo di escludere tutti quei punti di vista che sono incontrollabili, inspiegabili, "irrazionali". Dall'epoca di Hegel in poi la politica non significa solo l'iniziativa umana onnipresente, bensì l'esclusione, la divisione, lo spezzettamento, ovvero in generale la rimozione: Con le parole di Carl Schmitt:
La borghesia liberale vuole un Dio, che però non deve poter divenire attivo; essa vuole un monarca, che però deve essere privo di potere, essa pretende libertà e uguaglianza, e tuttavia anche la limitazione del diritto di voto alle classi possidenti, per assicurare all'istruzione e alla ricchezza la necessaria influenza sulla legislazione, come se istruzione e ricchezza desserero il diritto di opprimere gli uomini poveri e non istruiti; essa elimina l'aristocrazia del sangue e della famiglia e lascia però sussistere l'impudente signoria dell'aristocrazia del denaro, che è la forma più ordinaria e stupida di aristocrazia; essa non vuole né la sovranità del re né quella del popolo. Che cosa vuole essa dunque?2
note:
1- G.W.F. Hegel, Lezioni sulla filosofia della storia, Volume Quarto, p.34
2-C.Schmitt, Teologia politica, in ID., Le categorie del politico, p.80

Questo era un breve estratto dal libro di Laszlo F. Foldenyi, un intellettuale ungherese, intitolato "Dostoevkij legge Hegel in Siberia e scoppia a piangere", forse uno dei titoli più belli di sempre (se la gioca con un paio di canzoni di Venditti, dicono). Tanto sappiamo chi se lo legge sto blog: se volete, finiti gli esami, ve lo presto.