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mercoledì 3 febbraio 2010

Ritorno - Fine di qualcosa

Tra gli angoli più polverosi del mio ardisc ho trovato un pezzo che credevo perso, inedito e mai pubblicato. Colgo quindi l'occasione per pubblicarlo, incompleto purtroppo, per la gioia di Alessio.



"Forse molti di voi non se ne sono ancora resi conto, ma con sto sciopero dei TIR, non c’è più benzina al distributore!! E in questo momento di pura ecologia, sebbene sembra più la fine del mondo, io, che da tre mesi vengo a scuola in bicicletta come un coglione, con neve e pioggia, fango e sterco, duro e puro, vi racconto spaccati di vita vissuta on the road, personaggi e luoghi da mille e una botte (intendetelo come vi pare)…

Dopo il consueto risveglio in trance, decido di togliermi i vestiti da donna e andare a fare colazione, pronti partenza via, si parte… a dirmi che ore sono è il pulmino degli handicappati che passa a meno cinque alle otto, meglio non incrociarlo, o significa che è tardi. After gli innumerevoli sguardi maligni degli operai, che tra loro bestemmiano allegramente e pensano che questa sia una gioventù bruciata, dicevo, dopo questo, entro in ciclabile. Con kefhia e berretto che mi lasciano uno spiragio da terrorista sul volto, non vedo neanche la strada, ma solo il manubrio della bici, e il cronometro che segna velocità impossibili, sarà il freddo, mi dico.
Il primo personaggio che incontro in ciclabile è il ciclista di ritorno, ovvero quello che viene dalla parte opposta, il tipico ventunenne debosciato da paura, pronto a fare il colpaccio con una tipa tettona. Egli pedala gagliardo, sprovvisto di berretto e sciarpa, con un cappotto in pelle che neanche la lavagna ti fa drizzare i capelli così, e ti guarda, male, non perché è senza occhiali ma perché non sei una donna, e ti disprezza.
Pedala pedala arrivo al cristo… cristo!… un’imponente scultura llignea di cristo in croce senza le braccia, con lo sguardo un po’ incazzato, come se sapesse già che non hai studiato e, a fianco a lui, una vecchia che spazza le foglie autunnali, senza capire che sta combattendo per una causa persa: signora siamo in autunno, le foglie cascano ogni giorno! Non può aspettare che siano cadute tutte? No, anche quelle incollate dalla pioggia tenta di levare…
Curva a sinistra, curva a destra, sterzata, riparti, schiva il cane, entra a Maddalene. Ho poco da dire su Maddalene se non “baretto!”, e che, ogni mattina, all’incrocio, tiro dritto senza guardare se ci son macchine, anche perchè, se giro un attimo la testa, mi entra l’aria nel cappotto, e ciò non mi garba. A questo punto ho un altro riferimento riguardo l’orario: lei, colf o badante, donna o vagante, poco importa, è un’arzilla donna di mezza età che, precisa come l’orologio di michelle unziker, alle otto è davanti casa del suo datore di lavoro. Spesso indossa un berretto blu stile puffo e una sciarpa rossa… la giacca non mi ricordo, non è che badi ai particolari. Pedalata dopo pedalata esco dalla ciclabile e mi ritrovo affianco alla statale. Dopo neanche 50 metri sono costretto ad inchiodare perché il solito autista assonnato esce in retromarcia e mi taglia la strada… ripartire è un travaglio. Albera. Ho detto tutto. Sembra il nous di Anassimandro: un gran frullatore dove la macchine girano, anche 3 volte di seguito, attorno a questa rotatoria che in realtà è un giardino giapponese, sapete, quelli con la sabbia, l’erbetta fine, il ponte e l’acqua… quello. Prenoto il semaforo e, nell’attesa, scruto i personaggi che aspettano: un ragazzo barboz, che fa il Quadri, sembra si sia svegliato da poco; Bruno, un emo dimmerda che era in classe con langella e altre mille robe che non vi sto a dire; la famiglia di rumeni, o comunque gente dell’est, molto est, ma non troppo, che, mano nella mano, tutti e 13 i bambini, aspettano di attraversare. Verde, parto, beeeeee!! Minchia mi stanno per investire, ma anche no… ci ho fatto l’abitudine. Giro la rotatoria in gran scioltezza, tirando fuori il braccio sporadicamente e godendo, guardando in faccia gli automobilisti che aspettano di entrare.
Ah, il ponte, la pedalata si fa più lenta, e proprio in cima c’è un altro ventunenne debosciato, che è indeciso se buttarsi giù o dare fuoco al campo nomadi li a fianco, sta di fatto che al ritorno non c’è mai e il campo nomadi è integro.
Scendo dal ponte e prendo velocità. Supero la classica vecchia che va a passo d’uomo in mezzo alla strada e mi butto a destra per entrare in via non so che, dove il suono delle macchine è ovattato dall’asfalto fresco… Di nuovo braccio in fuori, di nuovo autisti incazzati svolto, svolto ancora ma no, devo fermarmi, perché stanno passando 20 biciclette, guidate da donne, che urlano animatamente… “il mucchio selvaggio” era più silenzioso, e loro andavano a cavallo.
Quindi mi tolgo il berretto, per non sembrare lo sfigato di turno, giro di nuovo e sono dentro.

Non vi annoierò con la noia che mi annoia a scuola, quindi passerei direttamente al ritorno a casa.
Ora capisco come fanno a Tokio! Non lo fanno! Uscire da scuola è peggio di un film dell’orrore, peggio dell’erpes dilagante di alessio, peggio dei miei vestiti, peggio delle caccole nelle orecchie e dell’orologio DIenGI della albiero. Macchine ai bordi della strada aspettano di caricare i pargoletti: ehi ha caricato mio figlio! Senta, ce li scambiamo dopo… Ma la cosa più pazzesca sono le persone che camminano: più indecisi degli elettori delle ultime elezioni, si muovono senza meta, destra, sinistra, destra, sinistra… Con un po’ di bestemmie io e l’alessio riusciamo a districarci dal tutto, e, di nuovo bestemmiando e imprecando, ci destreggiamo tra le macchine come la 3bt col latino.
La parte più entusiasmante è la rotatoria di Viale Diaz, in cui entriamo incuranti del pericolo, io, imitando malamente una moto, lui, dicendo o “sei un coglione…” o “che cazzo fai?” o ridendo di dis-gusto. Dopo un lungo zig zag tra buche sull’asfalto e ciclisti in contro mano, si arriva all’albera, dove, tra un insulto e l’altro, le nostre strade si dividono. Ed è qui incontriamo la gnocca. Gnocca di nome ma non di fatto, ricorda un po’ un amica di camisano che non conosco e che non voglio conoscere. Ella sta ritta accanto al semaforo, che troppo presto si tinge di rosso e mi costringe a partire. Allontanandomi dal tratto lungo la statale incontro un bocchia tutto nero, che non so mai se ce l’abbia con me o se sia bramoso della mia bicicletta, visto il catorcio che guida.
Rientro in pista ciclabile e mi trovo dinnanzi al matto, perché credo sia matto per davvero. E’ un Mr.Hyde che cammina in mezzo alla pista portando in una mano dei sacchetti di plastica ripugnanti che sembrano usciti dalla discarica, e un cane al guinzaglio. Il fatto che lo fa diventare matto è che il guinzaglio è formato da due guinzagli per cani attaccati per le estremità, e lo agita come se volesse andare a cavallo..."



pomeriggi passati in teverna, infuocati dall'ispirazione

3 commenti:

eliminato ha detto...

"Bruno, un emo dimmerda che era in classe con langella e altre mille robe che non vi sto a dire"


reminiscenze.
ahaha, mi è piaciuto!

Brus ha detto...

E' di due anni fa, quindi non era in classe nostra.. Certe parti mi fanno morir dal ridere:)

michiele ha detto...

spiragli da terrorista e caccole della albiero, ma soprattutto: il cristo di maddalene. belle fotografie bruz.