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sabato 9 luglio 2011

Lettere al direttore

Penso non ve ne siate accorti visto che in pochi l'hanno fatto, ma il sottoscritto da qualche mese è direttore de Il Giornale. Un attacco hacker al nostro sito web e il lavoro certosino delle forze del male, ha fino ad ora impedito il cambio editoriale che volevamo imporre. Diciamo che una copia su cinque de Il Giornale è quella vera, diretta da me. Il restante 80% è un complotto della P4, credo. Ora, per chiarirci, vi spiego che abbiamo virato su un target nuovo: le casalinghe e i sedicenni delusi dalla vita. C'é una bellissima rubrica di Marcello Veneziani, "La sedia", in risposta a "L'amaca" di Michele Serra, solo più gay. Oltre a questa e altre innovative scommesse che v'invito a scoprire in edicola(a Pantelleria c'è solo la nostra versione, quindi se siete di là non c'è problema), ci sono le lettere al direttore. Volevo pubblicarne una qui, dato che il nostro portale web è attualmente in mano agli hacker governativi.



Caro direttore Sallusti,
come va? Le scrivo, cosa affatto facile per me la posso assicurare, perché vivo notti tormentate e giornate difficili. Un tarlo si è lentamente ficcato nella mia testa, giorno dopo giorno, ed ha iniziato a picchiettarmi prima, martellarmi poi. Per la testa da troppo tempo mi gironzola quest'idea: vede, noi esseri umani non comunichiamo affatto fra di noi, se non cose concrete: ad esempio se io dico a mia moglie, mentre siamo a tavola, "passami l'acqua", ecco che lei mi passa l'acqua. Bene, tutto a posto. Immaginiamo ora che mia moglie abbia letto su qualche rivista salutista che bere acqua durante il pranzo è sconsigliabile: io le chiedo di passarmi la bottiglia per abbeverarmi e lei dirà che no, non può, è sconsigliato, non fa bene, è meglio di no, lascia perdere etc etc Poniamo ora che mia moglie sia molto cocciuta(ed è vero, essendo lei dell'Ariete!): nonostante le mie lamentele e le mie sempre più insistenti richieste, lei si ostinerà a non passarmi l'acqua.
Per carità nessun problema, mi alzo un attimo e raggiungo la bottiglia prima troppo lontana. Mi verso l'acqua nel bicchiere e mi disseto.
Infatti era un esempio: c'è o non c'è un problema di comunicazione? Ma non dico in famiglia, cioè era un esempio. Dico nel senso che non vi era modo alcuno per comunicare la mia sete. E da qui il mio problema: non sono forse gli essere umani tutti dentro ad una scatola, ognuna diversa, ognuna in fondo persa per i fatti suoi? Non c'è forse un problema di traduzione del pensiero, non è forse impossibile far si che le mie sensazioni, emozioni e pensieri giungano in maniera accettabile all'interlocutore? Del resto io non mi aspetto affatto che Lei capisca l'emozione con cui scrivo queste parole.
Oggi io ho paura. Paura di non essere visto dagli altri per come sono davvero e di non vedere gli altri per come sono davvero anche loro. Insomma, di non essere riuscito davvero nemmeno un istante ad apparire per com'ero e come sono e di non riuscire mai a mostrare come sarò. Le mie parole, per quanto espresse in una grammatica corretta o meno, in una lingua conosciuta o meno, ma anche i gesti, le espressioni, il tono della voce, i fremiti, tutta questa vasta gamma di comunicazione verbale o del corpo o di che so io, non passa forse per un filtro troppo stretto, inadeguato? Un muro invisibile ci separa l'uno dall'altro, ci tiene slegati per l'eternità e ci dona l'illusione della comprensione. Non è così forse? Siamo soli.
Ecco, vorrei trovare un senso a questa cosa, anche se questa cosa un senso non ce l'ha.
Caro direttore, disilluso la saluto augurandoLe buon lavoro e buona fortuna!

Vasco R.


Caro signor Vasco, volevo dirle che non sono Sallusti.
Ciò detto, mi ha colpito molto la sua lettera: il tema che Lei affronta è stato oggetto delle poesie più belle, dei quadri più immaginifici, dei film più commoventi etc etc Siamo davvero in grado di comunicare agli altri quello che veramente vogliamo dire? In certi casi si, lo dice lei stesso. Altre volte le parole(ma anche le immagini o, perché no, il contatto fisico) non sembrano bastare. Penso però che a volte, con le persone giuste, sia possibile capirsi al volo. Si creano delle situazioni di affinità straordinarie, situazioni che io chiamerei "momenti roxy bar". E' per quei momenti che vale la pena vivere, momenti in cui respirare piano, per non far rumore. Qualcosa certamente si perde nella traduzione, ma una volta compreso ciò basta stare in campana: osservare con più attenzione gli altri e curarsi di non essere stati fraintesi.
Buon lavoro e buona fortuna anche a Lei.

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