Pagine

venerdì 22 luglio 2011

Tutti quei film che abbiamo detto adesso ce li vediamo - Palombella rossa

Questa volta è un po' diverso. Nel senso che c'era da dare quest'esame di storia del cinema con annessa tesina su un film. L'esame è andato bene, la tesina anche e siccome teneva dentro un facoltativo commento critico che il prof ha definito "credibile" io ve lo posto. Quindi ecco qua...ovviamente sarebbe stato bello vederselo insieme. Detta così sembra poco credibile, ma è la verità.

Palombella rossa è un film complesso, arzigogolato e non può essere altrimenti perché è il film de “i troppi pensieri fanno bene”, dove la parola sbagliata e, più radicalmente, la parola scritta corrompono i concetti anziché renderli chiari e patrimonio di tutti.
Un film che tenta di catturare il presente: è il 1989 e qualche mese dopo la sua scrittura cadrà il muro di Berlino, ma è già momento di verifica per chi si sente e si crede “comunista”. Credere non è una parola a caso, perché Palombella rossa è un film anche sulla fede, proprio così: a spiegarcelo è il giovane ragazzo cattolico, uno dei personaggi più buffi e comici fra quelli creati da Moretti in questo suo film, in uno scambio di battute indimenticabile: fra le altre cose, Simone dice a Michele Apicella “Tu credi nel tuo lavoro, tu sei credente”.
Quindi un film sulla fede e sulla relativa crisi di fede, dalla quale per uscirne o, almeno, tentare di uscirne è necessario un percorso, il quale si articola nella memoria e nell'allegoria della partita di pallanuoto. In soli ottantanove minuti, che sembrano scorrere lentissimi, Palombella rossa cerca allora di districarsi fra più materiali: dal flashback con tanto di super8, al film sportivo, agli interventi affidati al Dottor Zivago, vera e propria allusione ad uno spirito romantico che oramai sembra perduto. Nostalgia e malinconia pervadono il film, soprattutto nelle toccanti scene al termine della partita dove il protagonista ricorda la madre, morta come lo è il sogno del socialismo reale, e il dolly sulle madri che asciugano i capelli ai figli. In questi fotogrammi la sintesi di tutto il film: il contrasto fra primi piani e scene di massa come rappresentazione della distanza fra l'utopia di una società di massa più giusta ed equa e le spinte individualistiche, poste da Moretti come proprie della natura umana in un altro flashback: Michele bambino entra nel terrazzo del vicino per rubare il dolce tanto agognato.
Ma il film tocca tanti altri temi: dal linguaggio al giornalismo(e dunque il linguaggio del giornalismo) fino al mantenimento della memoria storica (la distanza fra Michele e il fascista, l'accettazione dei “facili schematismi”) passando per una critica, che è satira feroce, dei dirigenti del P.C.I.
Dicevamo del linguaggio e della parola scritta, che è corruttrice: per Moretti è quindi l'arte che salva? Sembra così: è il Dottor Zivago a commuovere il protagonista, a dirci cosa sente dentro a livello sentimentale, perché altrimenti sarebbe solo un ripetersi di frasi ed espressioni inadeguate e fastidiose come “matrimonio a pezzi” e via dicendo; quando gli animi si accendono è “I'm on fire” di Bruce Springsteen a riportare la calma; “E ti vengo a cercare” è l'unico modo per rispondere durante la Tribuna elettorale.
Moretti però non consola: il rigore decisivo viene sbagliato e il finale non è che “parodia di un finale consolatorio, quasi un finale stalinista da realismo socialista”(Nanni Moretti, intervista in Script, Dino Audino Editore). Dunque l'utopia comunista ha fatto il suo percorso (a palombella, come suggerisce il titolo), ma il piccolo Michele ride, quasi suggerendo una presa di posizione radicalmente relativista e lasciando ampio spazio per riflessioni ed analisi.
In conclusione possiamo affermare che Palombella rossa è un film certamente politico, ma che muove da profonde riflessioni intime del suo autore, non liquidabile come “un film sulla fine del partito comunista”. A dispetto del successo ricevuto soprattutto successivamente, è con quest'opera che Moretti firma il suo autentico capolavoro, firmando con sobrietà registica e una scrittura originale ed acutissima l'apice della sua palombella artistica.



Poi, per dirla tutta, non è che adesso si fan solo pseudo recensioni di film, qualcos'altro da scrivere lo troveremo. Forse.

Nessun commento: