Pagine

mercoledì 21 dicembre 2011

Lo sceneggiatore

Doveva consegnare un nuovo copione, corretto secondo le indicazioni, per lunedì. "Un bel weekend" s'era detto con sarcasmo, predisponendosi a una maratona di scrittura creativa. Non fu così: chiaramente si uscì a bere, ma quel venerdì sera regalò poca soddisfazione, ancor meno il sabato.
Il film che stava scrivendo parlava (doveva parlare) di un tale, ben piazzato, col coraggio da leone. Sfidava i poteri forti a suon di mitra, una cosa insolita per il cinema italiano. Non una rivisitazione delle pellicole alla poliziottesche, ma comunque una cagata senza ombra di dubbio.
Certo il nostro aveva altro di che pensare, perché faceva si il lavoro che voleva fare, ma non era come se l'aspettava, cosicché s'impegnava in altre cose: mentre, grosso modo, tutti e tutte ballavano più o meno a ritmo e più o meno spensierati, lui se ne stava al bancone della discoteca ordinando un cazzo di drink del cazzo. Dopo quindici minuti, con i baristi che non si accorgevano che fosse in fila, lì, solo ad aspettare come un cane, ricevette da un barman incamiciato, elegante ma volgare, un bicchiere pieno di ghiaccio e bagnato di lemon soda allungata e gin. Otto euro. Quando il ragazzo bucò il quadratino della drink card pensò "ladri" e se ne andò stizzito. Tornò in mezzo alla folla e ballò come peggio non poteva, immaginandosi ubriaco per non pensare a quale madornale figura di merda stesse facendo.
La domenica notte, o meglio il lunedì mattina, passò invece lentamente mentre se ne stava seduto tutto sudato di fronte allo schermo del mac. Ringraziando dio la cartuccia della stampante era carica e il giorno seguente si presentò al lavoro con il copione pronto e redatto come gli era stato richiesto.
Giunse quindi la noia: questi produttori (non il regista) dovevano valutare il lavoro, c'avrebbero impiegato dei giorni.  Sfruttò l'occasione per tornarsene alla città natale e dire a mamma che era tutto a posto e che le voleva un mondo di bene. Lo fece, nonostante la stessa continuasse a porgli ripetutamente le medesime domande fatte un attimo prima, come in preda ad una particolare forma di Alzheimer. Il padre, non ne parliamo.
Dopo il pranzo, insoddisfacente, se ne andò a stendersi sul letto, spoglio, della sua vecchia camera, spoglia. Fu lì che si convinse: ci vuole una svolta, un bel film che faccia ridere, ma riflettere, lo faccio leggere al produttore, gli piace e mi fa "perché non lo dirigi tu". E via.
Baci sulla guancia a tutti, compresa la sorella e il di lei marito, giunti al pomeriggio.
Presa l'autostrada per tornare a Roma, già all'altezza di Bologna aveva perso ogni entusiasmo e non si ricordava più dell'ebbrezza di quel progetto. Nella direzione contraria intanto, inseguendo il miraggio di una gran serata, viaggiava una piccola auto, una polo volkswagen, piena. All'interno si rideva o si protestava per la musica. Alla fine drum'n'bass  "e vaffanculo tutti sapete!". Uno dei ragazzi, seduto dietro, si sentì solo guardando fuori dal finestrino le gocce d'acqua spingersi verso il basso e verso destra.
Fu qualche autogrill più a sud che il nostro sceneggiatore, addentando una piadina di gomma, ebbe l'immagine che in pochi mesi si trasformò in sceneggiautra. Un gran bel film, si prospettava.
Nulla a che vedere con quanto, sul letto di cui prima, aveva ricordato, con una cosa a metà tra il sorriso e la bestemmia: lei che baciava lui, al rallentatore. "Ci costruisco su un film" aveva pensato all'epoca "Ci costruisco su un porcodio" aveva chiosato con realismo. Lei baciava lui, mentre se ne stava, come un coglione, come al solito, a ballare fingendo disinteresse, distanza, menefreghismo.
Non era stato facile fingere tutto il tempo: non solo di non essersi attaccato all'idea di volerla (agli altri), ma anche di averne bisogno (a se stesso), soprattutto di aver cercato di averne bisogno allorquando l'unico vero grande immenso desiderio era lontano centinaia e centinaia di chilometri di distanza, fisici e non solo.
Sorseggiando l'ultimo costoso drink aveva puntato un'altra, una bruttina simpatica che spasimava per lui. Aveva il preservativo dietro e lo usò: la scopò per un'ora e qualcosa in molte posizioni, procurandole all'incirca quattro orgasmi e godendo molto quando venne, non godendo un cazzo dopo essere venuto ché respirava forte per i cazzi suoi nella camera di lei, con i poster di lei e tutte le cose di lei di cui non gli fregava un cazzo: la nobile arte del farsi schifo.
"Allora questo film, parla di un vecchio parlamentare...": sfrecciando verso la capitale proseguì nel suo ragionamento, per le tre ore che lo separarono dal grande raccordo anulare.
"Vedi, io lo so già cosa devi dirmi. L'ho capito da come hai posto la questione anche se sono un tipo dubbioso, perché ci spero sempre alla fine, ma più che altro è che vaglio troppe ipotesi e non so sceglierne una più giusta delle altre. Si, si lo so come vanno queste cose: tu si, ma però; sarebbe bello, ma non è così; mi dispiace eccetera. Ecco va sempre esattamente così. Scusami se te lo faccio pesare, è che per una volta nella vita vorrei essere sorpreso. Essere felice da farmi schifo, da provare un qualche senso di colpa. Tu che mi sorprendi, che mi ami da impazzire. E vabbè, del resto non ci sono molti motivi per convincerti del contrario, del non far andare così le cose insomma...io stesso fatico a trovare dei motivi per convincerti del contrario di ciò che stai per dirmi! E anche se fosse, cazzo conterebbe? Dico, se le avessi le motivazioni? Non è un soppesare, l'amare. No? Lo sai bene e lo so bene. Perdonami il monologo retorico e tutto il resto, ma per un po', pur convincendomi giorno per giorno di compiere una cazzata, ho sognato un finale diverso. Titoli di coda!"
Egli mica se le ricordava queste parole che non disse mai, ricordava il dramma si, con l'aria distante e il sorriso poco sincero. Le aveva pensate la sera prima di andare in contro al fatale destino di un abbandono.Voleva un colpo di mano: far cambiare le cose. Ovviamente non andò così e tutto si perse un po' per volta.
Giunto a Roma, buttò giù delle idee per questo film. Per la svolta. Non le approfondì e i produttori chiamarono e dissero "Buono il copione adesso". Venne fuori un film di merda; accese la tivù e non ci pensò. Il giorno dopo scrisse e quello dopo ancora. Si buttò su un romanzo, poi su un'altra donna poi sul giornalismo et cetera, senza venirne a capo, proseguendo nella sua mediocrità. Questa gli dava calma, lo acquietava senza soddisfarlo del tutto, ma, come prima, non ci pensava, allenato com'era ad accontentarsi: scrivo un film sulla bellezza della vita, anche se la mia mi fa schifo; lo so: è colpa mia, potrei fare di meglio, ma non lo faccio (non lo so perché) e mando tutto in vacca, continuamente; arte è autocritica, allora mi autocritico; "...no, ma perché non è che c'è da capire..."; "per rendere umano un personaggio, la cosa più semplice è dargli un sogno"; speriamo che agli altri vada meglio; degli altri non me ne frega un cazzo; non so cosa fare.

*è una specie di numero 2 di questo qua http://savoirnotfaire.blogspot.com/2011/05/il-cinefilo_16.html

4 commenti:

Gimnosperma ha detto...

la teoria non esiste, solo la pratica e l'esperienza abbattono l'edera che ricopre i nostri boschi, regalandoci nuove visioni, il bosco ora è nudo, respira, ma è nudo.

dove vuoi arrivare?

sei circondato di mete ma nessuna ti calza, nessuna? complotto, inganno, troppi pensieri per poche parole, non siamo ancora sulla strada giusta

meski ha detto...

gimnosperma sei di costabissara?
comunque vecchialessio, è la cosa giusta da fare questa ma certe cose sono un po' incasinate che si perde il filo, la qual cosa è molto orale e parlata, però finisce che non capisci se si baciano in discoteca o solo nei suoi sogni o qualcosa che mi sfugge.
Poi intendiamoci, è rappresentativo come pezzo, cioè, ci sta l'alessio tutto quì. Il mio responso è: la strada è giusta, bisogna insistere, i designer dicono "affinare la forma".
Tipo fare gli addominali.

eliminato ha detto...

si, devo sistemare un po' di periodi. con gimnosperma invece parlerò presto live.

eliminato ha detto...

ecco, mo' lo cambiato un po'